Bhagavadgītā
Bhagavadgītā
La Bhagavadgītā (I sec. a.C. - I sec. d.C., in italiano "Canto del Glorioso Signore") è uno dei principali testi sacri indiani, diffuso in tutto il mondo e da molti considerato alla stregua di un vangelo.
La Bhagavadgītā è un testo letterario che fa parte della più vasta composizione poetica della storia umana, il Mahābhārata, un poema composto da diciotto volumi contenenti centomila versi. Il Mahābhārata è un trattato il cui scopo è rendere accessibile la comprensione del Veda, narrando la storia di due dinastie reali e la Bhagavadgītā fa parte del sesto libro.
La notorietà della Bhagavadgītā è dovuta al fatto che al suo interno vi è una sorta di sunto di tutto il Mahābhārata. Si potrebbe dire che essa sia il centro dell'intero poema, il cuore dell'insegnamento del Veda. Saggio letterario che descrive un episodio cruciale: il guerriero Arjuna ha il compito di dare inizio ad una battaglia per la riappropriazione di terreni contro i suoi stessi parenti, amici e mentori, collocati nella dinastia opposta alla sua.
Di fronte a questo, Arjuna è preso dallo sconforto in quanto non sa come fare per assolvere al proprio dovere e contemporaneamente mantenersi in armonia con il proprio Dharma. Kṛṣṇa, in questo episodio il suo auriga e divinità suprema, interviene in suo aiuto mostrandogli la via e l'azione da compiere in armonia con lo Yoga e il Dharma Universale, ovvero l'ordine cosmico.
Kṛṣṇa dissipa i dubbi di Arjuna indicandogli di agire compiendo i suoi doveri, cioè di combattere e uccidere senza attaccamento ai frutti delle sue azioni sia nel bene che nel male; senza coinvolgimento personale ma solo agendo per assolvere il compito che le circostanze gli impongono, essendo presente ma al contempo spettatore. L'agire in questo modo è agire attraverso lo Yoga, che nella Bhagavadgītā è Karman Yoga o Yoga dell'azione.
"La lezione che se ne può trarre è la seguente: pur accettando la 'situazione storica' creata dai guṇa e agendo secondo le necessità di questa 'condizione', l'uomo deve rifiutarsi di valorizzare i propri atti e, perciò, di accordare un valore assoluto alla propria condizione."
(Mircea Eliade. Op. cit.. pag. 241)
Kṛṣṇa individua nell'azione distaccata dal desiderio, nell'agire con equanimità, il vero Yoga spiegando che qualsiasi uomo che così si comporta diviene uno yogin; rassicura Arjuna di avere totale devozione in lui, (Bhakti Yoga) e che così facendo raggiungerà la conoscenza (Jñāna Yoga) e l'unione con il Sè Universale in completa armonia e pace.
Arjuna disse:
"Il mio smarrimento è stato annientato. Per tua grazia ho ripreso coscienza dei miei doveri o Imperituro! Il mio dubbio è svanito e sono pronto: farò quello che tu hai detto."
Bhagavadgītā (XVIII, 73)